NOTTURNO MERIDIANO
di Giuseppe Lagrasta
Prima Parte
Decomposizione d’un destino
I
A torto o a ragione i sogni si perdono al calar dell’autunno.
L’estate ancora con gli occhi fermi osserva il sole con nostalgia.
Gli occhi adolescenti fremono di malinconia. Per la sera
d’autunno arrivata troppo in fretta con la pioggia in bicicletta.
II
Troppi eroi hanno segnato la storia di giovani e adulti. La sete
di potere ha sbagliato sentiero. Appena ieri sembrava tutto vero.
Ma al gioco della roulette da tempo vince sempre il nero.
III
Possiamo credere che le rondini non faranno mai primavera
che questi giardini poveri di fiori sono gli unici eroi di un antico
palcoscenico per la scena dei morti. Che tanta melma si è fermata
sotto i portici, che la luna porta anche una lieve fortuna.
Ma come evitare di fare torti ai morti sempre in primo piano
con la regìa occulta sempre a dare una mano ?
IV
Tutti sono confusi molti appassionati della vita
e il vil denaro non basta. Forse sarà meglio andar
per scorciatoie vendere per intero la partita,
E smettere di recitare una parte ormai finita.
Al cuore della luna dire parole d’amore e poi cantare.
V
Lasciandoci alle spalle le nostalgie di ieri
lasciamo vita eterna ai giovani guerrieri
che ci salveranno da una sconfitta certa
se non saranno sempre all’erta. Coriandoli
e colori son pronti per la festa ma ancora
per poco e ci sarà l’eterna malatesta. Colori
cirri nembi e notti oscure saranno amiche
ancora ancora di notti sicure ?
VI
Passegiando la sera suivolti spenti
e non più carnali vegliano le vestali della libertà
provvisoria. Di ora in ora, da un momento all’altro
qualcuno potrebbe cambiare il corso della storia.
Tutti inesistenti distratti dal prossimo futuro
sognano di essere re e regine di uno stato oscuro.
sarà forse meglio ripensare ancora che non c’è scampo
se si continua a fare la controra. Altri progettano una lieta
canzone che farà sognare il divino furore delle povere
genti a cui non saranno offerte che meraviglie penitenti.
VII
Notturno meridano sorriso strano per chi non crede
nel gioco umano di interrogarsi sul nostro stato italiano.
– “Tu non conosci il Sud, le case di calce da cui uscivamo
al sole come numeri dalla faccia d’un dado” – cantava Vittorio –
nelle notti salentine, ma forse il dolore è cambiato nel cuore
ma non quello della luce eterna bianca che acceca gli occhi al mattino
e nel notturno meridano si abbraccia con gli uomini, li tiene per mano.
Forse ancora la notte uscire dalle caverne servirà a qualcuno
guardare le eterne lune ferite e quelle facce che d’un dado
hanno solo un numero ma vorrebbero la vita.
VIII
Fare mai marcia indietro credere che nel futuro
il cuore durerà anche con l’angelo dal male oscuro.
IX
Dalla finestra vedi i giovani sognare
hanno il cuore aperto alla vita vogliono solo amare.
Vedono giardini feriti e sanno lottare. Chiedono alle lune
amiche di voler viaggiare. E’ bello il tempo lunare
si nasconde tra le ombre gioca con i sassi rompe il sonno del mare.
X
Gli occhi azzurri del mare si offuscano distruggono i pensieri
ostili dell’autunno sono veri i nemici che rompono l’onda
qui carnefici che desiderano la mporte delle stagioni.
Notturno umano notturno di foglie e di silenzio a te
chiediamo la vita di avere a cuore il corpo delle giovani genti.
Seconda Parte
Tutto il miele è finito
I
“Si passava di cantina in cantina – raccontavano i vecchi –
e sul far della sera gli specchi avevano rari sembianti” – .
Le storie erano vere come pure quelle di ieri. Sapevano
di rari martiri silenti di non vedenti uccisi presto in guerra
di vili guerrieri nascosti nelle forre. I boschi d’Ofanto narravano
di una città in lutto. Del resto i cittadini avevano pagato tutto.
II
Le chiacchere le risate le corse sulla spiaggia
i balli sulla loggia del paese. I giovani con le attese
della giovinezza possedevano rara bellezza.
Ma un mattino andando per i prati ci furono sorprese
e ai briganti ci si arrese. Com’era bella la libertà – cantavano –
quando si rideva e ballava sulla loggia della città.
Ognuno aveva il suo da fare qualche altro imparava
a barare ma era tutto un commercio un giro di furfanti
con tanti burattini e amanti. Ora che la festa sembra finita
tutti si ricordano delusi, di quella bella vita.
III
Notturno meridiano i sogni dopo
tutto emanano sempre un odore strano.
IV
Non chiedere a nessuno quella strada dove porta.
Almeno quando in cielo la luna è storta. Lascia che il palmo
della mano rattenga l’acqua bianca della vita. La sera
stordita dalla luna s’è rifatta col rossetto. Un obretto
per un giovane cavallo va ancora stretto.
V
Il portone è appartato. Il buio porta ad un sentiero
nero. Era ieri eri giovane e bella luna madre e sentinella
della vita. Al passo della luce il riverbero dell’occhio
azzurro s’è interrato il nano ha fatto lo sguardo strano.
L’ombra nera non crea sempre un’atmosfera.
VI
Luce pallida dei sogni luce nera il tempo è caduto
nel vento del marmo a vena. E’ tardi e i bambini
si tengono per mano. Oltre il marmo celeste
ci sono solo spighe di grano.
VII
Sono stato sospeso dalla vita
per alcuni giorni nel silenzio del sonno
dell’amore materno. Piano piano s’è fatto
tardi appena appena e l’uscita è stata strenua
nella finitudine dell’ossigeno denso e tenero
come il cuore della terra.
VIII
I passi sono strascicati e lieti per la terra.
I visi di rancore si lasciano la vita dietro
le orme della notte. Il cuore pieno di botte
sopravvive al siero della morte anche di notte.
IX
I fantasmi e i gridi sospirano nelle pieghe della morte.
Attendono la luce per sognare una nuova sorte.
X
Parlare di vivere e di morire. Giocare
con l’orologio è un gioco matto e pazzo.
Gli spettatori non hanno capito a spettacolo fatto.
e sono andati via con la funivia.